Articoli marcati con tag ‘Cicerone’

IN LATINO:

Tradunt philosophum Platonem, cum Olympiam petisset ad ludos, qui magna cum celebritate totius Graeciae habebantur, in tentorio per aliquot dies dormivisse cum hominibus, quos non noverat quibusque ignotus ipse erat. Non tamen eum puduit societatis eorum neque eis taedium attulit eruditis sermonibus neque eorum rudes animos fastidivit, sed omnium benevolentiam affabilitate et comitate sibi adiunxit. Quam ob rem illi magnopere eius societate delectabantur. Nec tamen de Socrate magistero suo vel de philosophia umquam mentionem fecit, neque eos de nomine suo certiores fecit, cum vellet eos celare quis ipse esset. Cum autem, post ludorum finem, Athenas cum suis contubernalibus rediiset, ab his rogatus est ut ipsos in achademiam duceret ostenderetque illum Platonem, quem omnes maximun philosophum existimabant. Tunc ille, leniter subridens: “Ego – inquit – sum Plato”. Quod cum mirati essent, vehementer eos paenituit se diu vixisse in eodem tabernacolo cum tanto homine, neque umquam ex eo quaesivisse quis esset.

IN ITALIANO:

Narrano che il filosofo Platone, essendosi recato ad Olimpia per i giochi, che erano ritenuti in tutta la Grecia con grande fama, avesse dormito per alcuni giorni in una tenda con uomini, che non conosceva e ai quali lui era sconosciuto. Tuttavia non si vergognò della loro compagnia, né arrecò loro fastidio con discorsi raffinati e non ebbe avversione per le loro menti ignare, ma si procurò la devozione di tutti con affabilità e cortesia. E perciò quelli goderono molto della sua compagnia. Tuttavia non fece alcun accenno a proposito del suo maestro Socrate o riguardo la filosofia, e non li informò sul suo nome, perché voleva nascondere loro chi egli fosse. Ma, dopo la fine dei giochi, essendo tornato ad Atene con i suoi compagni di tenda, gli chiesero di condurli nell’accademia e di mostrargli quel famoso Platone, che tutti consideravano il più grande filosofo. Allora egli sorridendo dolcemente, disse: “Sono io Platone”. Dopo essersi meravigliati di questa cosa, si pentirono molto di essere stati a lungo nella stessa tenda con un tale uomo e che nessuno gli avesse chiesto chi fosse.

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IN LATINO:

Est quidam vera lex recta ratio naturae congruens, diffusa in omnes,costans, sempiterna, quae vocet ad officium iubendo, vetando a fraude deterreat ; quae tamen neque probos frustra iubet aut vetat nec improbos iubendo aut vetando movet. Huic legi nec obrogari fas questa legge est neque derogari ex hac aliquid licet neque tota abrogari potest, nec vero aut per senatum aut per populumsolvi hac lege possumus, neque est quaerendus explanator aut interpres Sextus Aelius, nec erit alia lex Romae, alia Athenis, alia nunc, alia posthac, sed et omnes gentes et omni tempore una lex et sempiterna et immutabilis continebit, unusque erit communis quasi magister et imperator omnium deus: ille legis huius inventor, disceptator, lator; cui qui non parebit, ipse se fugiet ac naturam hominis aspernatus hoc ipso luet maximas poenas, etiamsi cetera supplicia, quae putantur, effugerit.

IN ITALIANO:

La vera legge è senza dubbio la retta ragione, in perfetto accordo con la natura, diffusa in tutti, invariabile, eterna, che induce a decretare il dovere, che distoglie dall’inganno con il vietare, che tuttavia né ordina né vieta invano ai cittadini onesti, né favorisce i disonesti con il comando o con il divieto. A questa legge non è possibile porre delle modifiche, né è lecito togliere da essa qualche disposizione, né è possibile abrogarla completamente, né in verità possiamo essere esonerati da questa legge né attraverso il senato né attraverso il popolo, né si deve interrogare l’espositore e interprete Sestio Elio. Non ci sarà una legge a Roma, una ad Atene, una adesso, una dopo, ma una sola legge eterna e immutabile governerà tutti i popoli in ogni tempo, solo uno sarà comune, si direbbe quasi, guida e signore di tutti, Dio: colui che ha ideato, sostenuto, proposto questa legge: e chi non gli obbedirà fuggirà se stesso disprezzando la natura degli uomini, proprio per questo patirà le massime pene, anche se sarà fuggito a quegli altri che sono ritenuti supplizi.

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IN LATINO:

Cum quaestor in Sicilia fuissem, itaque ex ea provincia decessissem ut Siculis omnibus iucundam diuturnamque memoriam quaesturae nominisque mei relinquerem, cuncti ad me publice saepe venerunt, ut suarum fortunarum oninium defensionem susciterem. Me saepe esse pollicitum dicebant, si quod tempus accidisset, quo tempore aliquid a rne requirerent, commodis eorum me non defuturum. Venisse tempus aiebant, non iam ut commoda sua, sed ut vitam salutemque totius provinciae defenderem; sese iam ne deos quidem habere, quod eorum sirnulacra sanctissima C. Verres ex delubris sustulisset.

IN ITALIANO:

Dopo essere stato questore in Sicilia, partii da quella provincia, lasciando a tutti i Siciliani un gradevole e imperituro ricordo della mia questura e del mio nome, tanto che spesso vennero tutti quanti pubblicamente da me a chiedermi che assumessi la difesa della loro sorte. Dicevano che spesso io avevo promesso che se fosse venuto il momento in cui essi mi avessero richiesto qualche aiuto, io non sarei venuto meno ai loro bisogni. Dicevano che quel momento era venuto, non già perchè io difendessi i loro interessi, ma la vita stessa e l’integrità di tutta la provincia; che essi ormai non avevano nemmeno più gli dèi, perchè Caio Verre aveva portato via dai santuari tutte le loro venerande statue.

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