Archivio di aprile 2009

IN LATINO:

Saepe ante oculos mihi pono omnes nostrorum inperatorum, omnes exterarum gentium potentissimorumque populorum, omnes clarissimorum regum res gestas, quas cum tuis nec contentionum magnitudine nec numero proeliorum, nec varietate regionum, nec celeritate comparare possum. Illa ipsa humanarum rerum domina, Fortuna, tibi cedit: tuam se esse totam et propriam confirinat. Domuisti gentes immanitate barbaras, moltitudine innumerabiles, locis infinitas, omni copiarum genere abundantes; sed tamen ea omnia vicisti, quae et natura et condicione vincere poteras. At animum vincere, iracundiam cohibere, victoriam temperare, adversarium praestantem ingenio et virtute non modo tollere iacentem, sed etiam amplificare eius pristinam dignitatem, haec vera laus est! Haec qui facit, eum non solum cum summis viris comparo, sed simillimum deo eum esse iudico.

IN ITALIANO:

Spesso mi pongo davanti agli occhi tutte le imprese dei nostri comandanti, delle genti straniere e dei popoli più potenti, dei re più celebri, che non posso paragonare con le tue né per grandezza di confronti né per numero di battaglie, né per varietà di argomenti, né per prontezza. Quelle stesse cose ti donò la Fortuna, sovrana delle doti umane: costei conferma di essere tutta tua e duratura. Soggiogasti i popoli barbari per crudeltà, per gran quantità innumerevoli, di paesi infiniti, abbondanti di ogni genere di milizie; ma tuttavia sconfiggesti tutto quello che per nascita e ceto avevi potuto sconfiggere. Ma invece vincere il sentimento, soffocare l’ira, moderare la vittoria, non soltanto sollevare da terra un valente avversario caduto con l’ingegno e la virtù, ma anche accrescere la propria antica dignità, queste cose sono un vero merito! Colui che fa ciò ,lo paragono non solo agli uomini più nobili, bensì penso che sia simile ad un dio.

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IN LATINO:

“Cogitat deus” inquiunt “adsidue beatum esse se; habet enim nihil aliud quod agitet in mente”. Comprehende igitur animo et propone ante oculos deum nihil aliud in omni aeternitate nisi “mihi pulchre est” et “ego beatus sum” cogitantem! “At etiam de sanctitate, de pietate adversus deos libros scripsit Epicurus.” Quid est autem cur deos ab hominibus colendos dicas, cum dei non modo homines non colant, sed omnino nihil curent, nihil agant? “At est eorum eximia quaedam praestansque natura, ut ea debeat ipsa per se ad se colendam elicere sapientem.” An quicquam eximium potest esse in ea natura quae, sua voluptate laetans, nihil nec actura sit umquam neque agat neque egerit? Quae porro pietas ei debetur a quo nihil acceperis, aut quid omnino, cuius nullum meritum sit, ei deberi potest? Sanctitas est scientia colendorum deorum: qui quam ob rem colendi sint non intellego, nullo nec accepto ab his nec sperato bono. Quid est autem quod deos veneremur propter admirationem eius naturae in qua egregium nihil videmus? Nam superstitione, quod gloriari soletis, facile est liberare, cum sustuleris omnem vim deorum. Vestrae sententiae omnium non modo superstitionem tollunt, in qua inest timor inanis deorum, sed etiam religionem, quae deorum cultu pio continetur. Quid, i qui dixerunt totam de dis inmortalibus opinionem fictam esse ab hominibus sapientibus rei publicae causa, nonne omnem religionem funditus sustulerunt?

IN ITALIANO:

“Dio – dicono – pensa continuamente di essere beato; infatti non ha nient’altro cui pensare”. Immagina, dunque, e prova a immaginarti un Dio che non pensa ad altro in tutta l’eternità se non “io sto bene” e “io sono beato ! “Ma Epicuro ha scritto anche dei libri sulla santità, sulla devozione verso gli dèi”. Ma qual è la ragione per cui sostieni che gli dèi devono essere venerati dai mortali, poiché gli dèi non solo non si occupano degli uomini, ma soprattutto non si occupano di nulla, non fanno nulla? “Ma la loro è una natura straordinaria e nobile, così che essa stessa di per sé deve indurre il saggio a venerarla. Può forse esserci qualcosa di magnifico in una natura tale che, rallegrandosi del suo piacere, non farà mai, né fa, né ha fatto nulla? Inoltre, che devozione è dovuta a uno da cui non hai ricevuto niente, o che cosa soprattutto può essere dovuto a uno che non ha alcun merito? La santità è la scienza dell’avere devozione verso gli dèi: ma per quale motivo siano da venerare non capisco, se non si riceve né si spera da essi alcun bene. E perché dovremmo venerare gli dèi per l’ammirazione verso una natura in cui non vediamo nulla di eccelso? E poi, è facile liberare dalla superstizione, – di cui siete soliti vantarvi – una volta che tu abbia tolto tutta la potenza degli dèi! Le vostre teorie tolgono non solo la superstizione, in cui è insito un’inutile paura degli dèi, ma anche la religione, che consiste in un devoto culto degli dèi. Perché?, Coloro che dissero che tutte le congetture sugli dèi immortali sono state inventate dagli uomini sapienti per ragioni di politica, non hanno dunque tolto fin dalle radici ogni senso religioso?

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