Archivi per la categoria ‘Ignoti’

IN LATINO
Equus alexandri regis et capite et nomine bucephalas fuit. emptum chares scripsit talentis tredecim et regi philippo donatum esse. super hoc equo dignum memoria visum est, quod, ubi ornatus erat armatusque ad proelium, haud umquam inscendi sese ab alio nisi ab rege passus sit. id etiam de isto equo memoratum est, quod, cum insidens in eo alexander bello indico et fecinora faces fortia, in hostium cuneum non satis sibi providens inmisisset, coniectisque undique in alexandrum telis in cervice atque in latere equus perfossus esset, moribundus tamen ac prope iam exanguis e mediis hostibus regem vivacissimo cursu retulit atque, ubi eum extra tela extulerat, ilico concilit et domini iam superstitis securus, quasi cum sensus humani solacio animam expiravit. tum rex alexander, parta eius belli victoria, oppidum in iinsidem locis condidit idque ob equi honores bocephalon appellavit


TRADUZIONE

Il destriero del re Alessandro era chiamato, a motivo dell(a forma del) suo cranio [capite], “Bucefalo” ["dalla testa di bue"]. Chares scrisse ch’era stato acquistato per una somma di 13 talenti, e che al re Filippo era stato dato in dono. Su questo cavallo è parso opportuno ricordare [dignum memoria, degno di memoria] il seguente aneddoto [lett. quod, questo fatto, ovvero che:]: quand’era equipaggiato [ornatus… armatusque] per la battaglia, non permetteva d’essere montato da alcuno, ad eccezione del re (stesso).
Altro aneddoto, egualmente degno di memoria [id etiam… memoratum est], che riguarda questo cavallo: durante la guerra contro l’india, Alessandro – che gli era in sella [lett. insidens in eo, montandolo, che/mentre lo montava] – stava facendo strage (di nemici) [facens fecinora fortia], quando – inavvertitamente [non satis sibi providens] – si era ritrovato nel bel mezzo della schiera nemica [immisisset… in cuneum hostium]. Fatto Alessandro bersaglio di una gragnola di dardi [rendo così l'abl. ass. coniectisque telis (scoccati dardi) undique (da ogni parte) in alexandrum (contro Alessandro)], il cavallo ricevette ferite mortali [perfossus esset] all’altezza del cranio e del fianco: pur in fin di vita, per l’enorme quantità di sangue perso [prope iam exanguis, praticamente esangue], tirò fuori [rettulit] il re – a spron battuto [vivacissimo cursu] – dal mezzo delle schiere nemiche [e mediis hostibus] – e dopo averlo sottratto al fuoco (nemico) [ubi eum extra tela extulerat] – stramazzò al suolo, e, tranquillo ché il re era oramai in salvo, spirò, come sollevato [lett. quasi con] da un senso di umana consolazione.
Al che, il re Alessandro – uscito alla fine vincitore da quella guerra – fondò una città proprio in quel luogo [in iinsidem locis] (in cui era spirato il cavallo) e la chiamò “Bucefalo”, in onore del (suo) destriero.

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IN LATINO
Postquam Anphitrion discessit ut Oecheliam expugnaret, Iuppiter, speciem illius viri sumens, domum Alcmenae accessit, ut cum ea iaceret. Mulier, aestimans lovem coniugem suum esse, eum thalamis recepit et credidit deo, cum ille res in Oechalie gestas narravit. Iuppiter autem, ut diu cum ea concumberet, noctem illam produxit usque ad proximam. Postero die, cum nuntiatum est ei coniugem victorem revertisse, Alcmena minime curavit, quod iam putabat se coniugem suum vidisse. Cum autem Amphitryon in regiam intravit et eam neglegentius securam vidit, obstupuit quod uxor se advenientem non exceperat; cui Almena respondit:”Iam pridem venisti et mecum concubuisti et mihi narrasti quae in Oechalia gesseras”. Quoniam mulier signa omnia dicebat, Amohitryon sensit numen fuisse pro se, quod cum uxore sua concubuerat. Alcmena, ab love compressa, Herculem peperit.

IN ITALIANO
Dopo che Anfitrione se ne andò per espugnare Ecalia, Giove assumendo le sembianze di quell’uomo entrò in casa di Alcmena, per giacere con lei. La moglie pensando che Giove fosse suo marito, lo accolse nel talamo. Essendo questo giunto al talamo e raccontando quelle cose che aveva compiuto ad Ecalia, ella, credendo che fosse il marito, si unì a lui. E Giove, per giacere a lungo con lei, prolungò quella notte fino alla prossima. Il giorno dopo, essendole stato annunciato l’arrivo del coniuge vincitore, non si preoccupò minimamente, perchè riteneva di aver già visto suo marito. Essendo Anfitrione entrato nella reggia e vedendola alquanto negligentemente tranquilla, cominciò a stupirsi e a chiedersi perchè non lo avesse accolto al suo arrivo. Alla qual cosa Alcmena risponde:”Già tempo fa sei venuto e ti sei unito a me e mi hai raccontato le cose che hai compiuto in Ecalia”. Poiché questa gli esponeva tutte le prove, Anfitrione capì che un dio si era spacciato per lui, poiché aveva giaciuto con sua moglie Alcmena, violentata da Giove, partorì Ercole.

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IN LATINO
Mancante

TRADUZIONE
Teti quando seppe che suo figlio Achille, che aveva avuto da Peleo, fosse andato a combattere a Troia, là sarebbe morto, lo mandò nell’ isola di Sciro presso il re Licomede . Egli mutato nome, lo serviva con vesti femminili tra le figlie vergini. Ma i greci quando vennero a sapere che era nascosto là mandarono presso il re Licomede degli ambasciatori perchè gli chiedessero di mandarlo in aiuto ai greci. Il re, poichè disse che non era presso di lui, diede loro il permesso di cercarlo nella reggia. Poichè non riuscivano a capire chi fosse Achille, Ulisse mise nell’ atrio della reggia dei doni femminili fra i quali una lancia e uno scudo, e subito ordinò che un trombettiere suonasse e che fosse fatto clamore e strepito di armi. Achille chredendo che ci fossero nemici, strappò la veste femminile e afferrò lo scudo e la lancia. Da questo fu riconosciuto e assicurò i suoi servigi e i soldati mirmidoni ai Greci.

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IN LATINO
Achilles, cum mortem Patrocli cognoscit, admodum maestus diu amicum luget. Postea iram in Hectorem, amici interfectorem, et in eius comites vertit: itaque cupidus caedis in pugnam descendere statuit. Troiani, cum vident hostem horrendum aspectu , magno terrore capiuntur, in urbem confugiunt et portas claudunt. Hector solus extra muros manet et Achillem exspectat. Pater eius, Priamus, Troianorum rex, ex altis moenibus filium videt et magna voce dicit: <>. Sed Hector patris preces non audit et dicit: << Cum strenuo viro Graeco pugnare volo, virtute mea eum vincere et patriae nostrae salutem dare >>. Sed cum Achilles accedit, etiam Hectoris animus magno terrore capitur et Troianus dux fugit currens circa muros urbis: Achilles post tergum instat et contumeliosis verbis eum increpat. Tandem Hector consistit, se vertit et clamat: <>.

TRADUZIONE
Achille, quando conosce la morte di Patroclo, piange molto triste l’amico a lungo. Dopo volge l’ira ad Ettore, uccisore dell’amico, e ai suoi compagni: e così desideroso di strage decide di scendere in guerra. I Troiani, quando vedono il nemico nell’orrendo aspetto, vengono presi da un grande terrore, si rifugiano in città e chiudono le porte. Solo Ettore rimane fuori dalle mura e aspetta Achille. Suo padre, Priamo, re dei Troiani, vede il figlio dalle alte mura e dice a grande voce:«Entra in città, Ettore; la madre, la cara moglie, il piccolo figlio e tutti i cittadini ti invocano; se vieni ucciso da Achille, chi può difendere la tua famiglia e la patria?». Ma Ettore non ascolta le preghiere del padre e dice: «Voglio combattere con il valoroso uomo Greco, vincerlo con la mia virtù e dare alla nostra patria la salvezza». Ma quando Achille si avvicina, anche l’animo di Ettore è preso da un grande terrore e il conduttore Troiano fugge correndo attorno le mura della città: Achille incalza alle spalle e lo rimprovera con parole oltraggiose. Infine Ettore si ferma, si volge e grida:«Achille, non voglio più fuggire: il Fato mi induce alla battaglia.

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